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Contra Gnosticos

16 gennaio 2021 

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Zeus sconfigge i giganti con l’aiuto di Ercole

Giulio Romano, soffitto della Sala dei Giganti, Palazzo Te, Mantova

1532-1535

“La circonferenza è il luogo geometrico dei punti del piano equidistanti da un punto fisso detto centro. La distanza da qualsiasi punto della circonferenza dal centro si definisce raggio.” 

Lo scolaro diligente così risponde quando viene interrogato per definire la geometria della circonferenza, senza sapere che la figura ha rapidamente trovato il suo posto d’onore nel variegato mondo del simbolismo grazie alle tante intuizioni che ha fatto nascere nella mente umana, generatesi quando la speculazione astratta ha reso possibile la percezione e la diffusione di verità immanenti. Per il fine che interessa qui raggiungere, verrà messo in evidenza uno dei molteplici utilizzi consentiti dall’efficienza simbolica della circonferenza e cioè quello che rappresenta gruppi di umani che condividono identità e azione. Il grado di adesione di un gruppo sociale alla tradizione consiste nella condivisione più o meno vasta dei principi che ne costituiscono la base. Quando il grado è alto, la società non può dirsi per questo più sana ma soltanto più reattiva nei confronti della negatività perché riesce a opporvisi con anticorpi più efficienti. La conoscenza tradizionale – quella che è stata sviluppata e condivisa nelle circonferenze –, è pragmatica, non conosce alcun tipo di fede passiva in quanto saldamente ancorata alla certezza interiore; la tradizione nasce quando nasce il sacro. La mitologia, quella primitiva, quella dei concetti fondamentali, è la stupenda creazione, artistica e sacra, che ha definito la corrispondenza interno–esterno, uomo–mondo, ed ha guidato per secoli la psiche dei singoli e l’esistenza delle nazioni. 

Una obiezione si pone: il monoteismo non ha forse dato una prospettiva più universale all’umanità? non ha forse migliorato lo stato di coscienza collettivo? La domanda necessita di una precisazione: quale monoteismo, quello trascendentale o quello carnale? La risposta è parziale: il primo non ha sviluppato per intero le sue capacità mentre il secondo continua a sviluppare una teologia auto-giustificativa, mostrando sempre di più la sua fragilità. Entrambi hanno la stessa radice e il secondo, nato più di mille anni dopo il primo, ha avuto un fratello gemello: lo gnosticismo. Tra i due non vi è mai stato l’accordo perché mentre uno si dedicava alla conquista di un posto nella storia, l’altro cominciava a riflettere sul dolore esistenziale; mentre uno cercava di costruire un sistema sempre più efficiente di acquisizione e controllo dei “fedeli”, l’altro diffondeva tra gli stessi il dubbio e il rifiuto del mondo, cosicché lo scontro fu inevitabile e sfociò in una guerra cruenta e asimmetrica che nessun armistizio ha ancora interrotta.

La risposta alla precedente domanda è negativa: lo stato di coscienza collettivo non è migliorato e il monoteismo trova notevoli difficoltà a penetrare in profondità cioè a trasferire il valore dell’unità nel corpo dell’umanità dove, al contrario, invenzioni di ogni genere – religiose, politiche, sociali, espressione autentica dello gnosticismo –, sorgono e vengono proposte e accolte con favore. Questo fenomeno unico, vecchio di duemila anni, che non ha ancora trovato una sua stabile collocazione identitaria per via della sua natura mista, riesce ancora ad affascinare.

Quale attendibile ipotesi di lavoro, anche se generica, si può dire che l’origine dello gnosticismo sia la conseguenza del processo di interazione dell’imperialismo romano con le civiltà del mediterraneo; tale processo è durato alcuni secoli e ha prodotto un ambiente culturale i cui effetti sono ancora attivi. Lo studio dello gnosticismo ha la caratteristica di dividere le opinioni a causa dei suoi molteplici aspetti che si presentano in combinazioni diverse a osservatori diversi. Si evidenzia in questo caso il problema della natura della storia, ovvero se il suo svolgersi sia coordinato da una intelligenza superiore o se sia la risultante delle infinite e inconsapevoli azioni dei singoli individui; il problema è cruciale ma non viene affrontato in questa sede – né può esserlo in qualsiasi altra sede –, per insufficienza di strumenti condivisibili la cui efficacia sia stata comprovata. Comunque, a prescindere dalla sua funzione occulta o palese, non si può non rilevare la coincidenza dell’inizio dell’età imperiale di Roma con la nascita dello gnosticismo anche se è pur vero che la ricerca delle cause e dell’essenza a proposito dello gnosticismo è non solo vana, ma anche contraddittoria.[1]

Nessuno storico fornisce la definizione accurata di gnosticismo ed è comprensibile considerata la complessità del fenomeno che ha presumibilmente una unica causa con un unico effetto manifestatosi in molteplici forme. Si può quindi capire quali e quante difficoltà possano trovare gli storici per interpretare quelli che sono i resti delle identità appartenute alle civiltà che sono venute a contatto con Roma. La colonizzazione culturale che ne è seguita è stata simile ad una violenta deflagrazione – del resto tutte le colonizzazioni lo sono – e il risultato è stato la distruzione delle identità a causa dell’affievolirsi dell’impermeabilità culturale cioè della resistenza a lasciarsi attraversare da tradizioni estranee ed integrarle; così, tutte quelle circonferenze – sapienzali, familiari, nazionali –, che costituivano il tessuto connettivo delle civiltà tradizionali, sono svanite in poco tempo. I primi secoli della nostra èra sono stati caratterizzati proprio dal rimescolamento di dottrine essoteriche ed esoteriche e se si dovesse fornire una ragione di tanto sconquasso, sulla base del risultato finale e senza alcun supporto scientifico ma soltanto intuitivo, si potrebbe dire che il fine era la nascita di due grandi religioni che avrebbero avuto la funzione di sostenere psichicamente miliardi di individui per molti secoli, agevolando la costruzione delle strutture culturali necessarie per il loro sviluppo: il cristianesimo e l’islam. Impregnate di gnosi alla loro origine, entrambe le religioni, una volta presa coscienza della propria funzione – soprattutto il cristianesimo –, l’hanno abbandonata per sviluppare una complessa teologia alternativa. Una componente dello gnosticismo potrebbe essere costituita dalle scorie di quel processo iniziale e la nascita della Chiesa Gnostica dimostra che le scorie non hanno mai cessato di formarsi.

Il mondo precedente all’era volgare – la civiltà romana ne è un esempio significativo –, si basava su due elementi, tra loro profondamente integrati: la razionalità e la stabilità. Al contrario del mondo moderno, aveva un alto grado di integrazione tra religione e politica e perciò, anche se l’imperialismo romano agiva quasi esclusivamente sul piano della politica, i suoi effetti sulle nazioni soggiogate si riflettevano integralmente anche sulla religione, vale a dire sull’intero sistema di riferimento individuale e sociale. Tra il secondo ed il quarto secolo dell’e. v., durante il periodo di massima espansione di Roma e quale prodotto – ma, come già detto, non unica causa –, delle conseguenti modifiche sociali, nascono e si sviluppano molte sette le cui dottrine veicolano quei contenuti che fino ad allora erano stati custoditi all’interno di cerchie riservate. Più tardi, nel 17° secolo, a quelle sette verrà dato l’appellativo di gnostiche perché tutte si ponevano l’obbiettivo della conoscenza, riconosciuta come unico mezzo per la salvezza. 

Il movimento gnostico e successivamente il cristianesimo nascente, sono stati nutriti dallo stesso humus culturale con la differenza che il secondo, avendo una diversa concezione della salvezza, ha diversificato la sua linea evolutiva, espandendo sempre più la propria base di fedeli. Quando l’impero d’occidente ha cessato di esistere, la Chiesa ha avocato a sé la funzione imperialista e ha dichiarato eretico tutto il movimento gnostico, dedicandosi con particolare e costante cura alla sua eliminazione, sfociata nelle crociate medievali contro i catari cioè contro l’insieme degli eretici dualisti medievali residenti soprattutto nella Francia meridionale. A conferma che religione e politica possono essere ottimi alleati, la repressione religiosa divenne quasi subito anche guerra di conquista e, eliminati i catari, la Linguadoca venne annessa al regno dei Capetingi. 

Come mezzo di repressione lo spargimento di sangue dei Catari fu assolutamente inutile perché la crociata non eliminò lo gnosticismo il quale continuò a vivere e diffondersi, certamente non come setta ma come derivato intellettuale, come prodotto delle ideologie originali. Varie sono le teorie a riguardo e sono ben esposte nell’immensa bibliografia che riguarda gnosi e gnosticismo alla quale si rimanda per ogni approfondimento.

Ponendo la conoscenza come unico mezzo di salvezza individuale, lo gnosticismo ha fatto sì che venga comunemente accettata l’attività intellettuale quale massima espressione dell’essere umano ma, anche ammettendolo, – e chi scrive non lo ammette –, non si può non riconoscere una sua intrinseca debolezza considerata la facilità con cui le idee subiscono l’influenza di altre idee. Ma la conoscenza come unico mezzo per la salvezza non è l’unico elemento caratteristico dello gnosticismo: vi è anche l’oggetto della conoscenza e cioè il cosmo, che viene visto in contrapposizione al suo Creatore. È stato osservato a tal proposito, come le varie correnti gnostiche, pur nelle rispettive diversità, abbiano tutte tre elementi in comune:
 

1. una unità originaria indistinta, il pleroma;
 

2. la “caduta” fuori da questa unità di uno o più esseri celesti, con la successiva nascita di un dio malvagio, il demiurgo;
 

3. la presenza nell’uomo di una scintilla divina che può essere ravvivata.

Nel 1968 J.–E. Ménard, riassumendo i lavori del colloquio di Messina del 1966[2], scriveva: Prima di cercare le origini della gnosi, bisogna darne una definizione. Secondo un metodo tipologico o fenomenologico, si può dire che i due elementi di base sui quali poggiano gli altri elementi delle strutture gnostiche sono la conoscenza di sé e l’anticosmismo: nel riconoscere se stesso, cioè riconoscendo la propria specie e origine divina, l’uomo, prigioniero della materia, può liberarsi dal modo in basso che è totalmente malvagio. E a proposito della struttura del cosmo – il cui modello gnostico è un prodotto esclusivamente intellettuale e, quindi, una totale invenzione –, si legge[3]: La gnosi è certamente una devoluzione, una degradazione: il mondo materiale è nato da una caduta, quella dell’ultimo Eone pleromatico, ma il Demiurgo non presenta un indebolimento del principio gnostico, piuttosto è il simbolo vivente di questo delicato equilibrio (squilibrio), di questa ambivalenza che è tipica del mondo gnostico (e non è assolutamente necessaria in un sistema gnostico); è ugualmente il caso della doppia Sofia, e nel manicheismo il mondo e la creazione non sono interamente malvagi, né il Demiurgo semplicemente diabolico.

Oltre a quanto fin qui esposto, la descrizione delle complicate teorie gnostiche che tendono a spiegare la struttura antropologica dell’umanità o la struttura del creato non sarebbero di aiuto per formulare una semplice e basilare considerazione: lo gnostico si sente estraneo al mondo, come confinato in esso, ma ritiene di poter modificare la propria funzione nel mondo tramite la gnosi. Più precisamente, la salvezza dello gnostico non coincide con quella del mondo ma egli intende salvarsi dal mondo. Come possa essere possibile la presenza della scintilla divina in un mondo contrapposto alla Divinità, è oggetto di molte e confuse teorie ma lo si darà per accettato.

Manca l’ultimo elemento: come ravvivare la scintilla divina. La risposta dello gnostico è sorprendente perché ripropone tutta la tradizione precedente ma la pone ad un livello più basso a causa della contrapposizione di cui si è già detto. Lo gnostico, quindi, è un parassita che mentre sfrutta la tradizione, ne interrompe la comunicazione con la sua origine. Succede che, devitalizzatone il flusso, le “acque” della conoscenza si fermano e si raccolgono per gravità in una sorta di stagno e proprio come in uno stagno, la vitalità gnostica si manifesta come attività di fermentazione e non di rinnovamento. Anche nella sua forma “rivoluzionaria”[4], lo gnosticismo non ha mai prodotto del bene ed anche sotto questa forma ha avuto la capacità di occultarsi. 

A ben vedere nessun progetto gnostico ha avuto successo e l’unico effetto che si può constatare – perché è l’unico scopo –, è la capacità di generarne di nuovi con la confusione delle idee che ne deriva, tanto che, per enfatizzare la validità di una scuola, se ne enumerano le tracce dei filoni tradizionali che vi si possono riconoscere e maggiore è il numero, maggiore è la validità: mai come oggi il sincretismo viene considerato una garanzia insostituibile e sempre più spesso si sente la frase: l’“altro” è fonte di arricchimento. 

Però, non tutti hanno una visione negativa della gnosi e c’è chi dichiara il proprio entusiasmo: Oggi, più che mai, le antiche dottrine gnostiche mostrano tutto il loro fascinoso splendore, come un gioiello prezioso ritrovato in un cassetto da tempo dimenticato[5]. Si riferisce forse a quel piccolo settore della produzione gnostica più incline alla spiritualità, in un certo senso simile al cristianesimo, e che non può essere considerato un esempio significativo di quel vastissimo movimento. In relazione all’efficace capacità di operare che il “male” sembra avere, il testo citato tenta di darne un’immagine equilibrata: La creatività è presente tanto nel Bene quanto nel Male, anzi – per molti aspetti – il Male appare molto più seducente del Bene, soprattutto se si mostra nel suo aspetto creativo. Il “male” deve essere considerato di per sé e in quanto tale, per la procedura che quella forza è in grado di mettere in atto per poter modificare l’azione dell’uomo, per la sua capacità di indirizzarne la volontà verso una polarità, quella negativa, distogliendola da quella positiva.

Ben più interessanti riflessioni si possono apprezzare nella citata opera che sembrano confermare, anche se con diverso intento, le tesi qui esposte; in particolare là dove applica la legge storico–morfologica per l’analisi dell’arco storico che va dall’età della prima Gnosi alla nostra: [...] I due presupposti su cui tale legge si fonda sono: il principio della conservazione della matrice storica (che non viene smentita dall’evoluzione che subisce) e il principio della riemergenza dei fattori germinali. Entrambi circoscrivono i poli di un segmento (nel caso, storico) che, come un arco geometrico, individua uno spazio determinato che si estende nel tempo. In tale spazio si possono rilevare emergenze e dissolvenze che – indipendentemente da una loro diretta continuità o contiguità – appartengono comunque allo stesso spazio, anche se apparentemente non sembra possibile. Va da sé, che questo spazio è eminentemente simbolico, così come simbolica ne è la percezione. Da tutto ciò, si può ricavare che il magma incandescente del sincretismo gnostico unito al nascente cristianesimo ha prodotto una realtà nuova e straordinaria. Ha costruito linee culturali e atteggiamenti spirituali che si sono per così dire stabilizzati sia a livello del conscio ma, soprattutto, a livello dell’inconscio individuale e collettivo. È un qualcosa che si è sedimentato per un esteso arco temporale – quello del cristianesimo – e che dopo un iniziale apogeo si è lentamente avviato verso lo stadio epigonale. In esso si ripropone – in forma mutata, come già detto – quello che in tempi lontani aveva preso corpo. Nel momento epigonale dell’arco storico cristiano (il nostro) sono così riemersi – a livello dell’inconscio collettivo più che non del conscio – i fattori genetici, oscurati nel corso del cammino storico ma sempre presenti nella loro latenza. [...] Ma,nel contempo, spiega come l’assenza di dirette testimonianze sulla continuità gnostica, in realtà, nulla significhi. L’universo gnostico da cui – insieme ad altri rilevanti fenomeni spirituali e culturali – ha preso l’avvio la civiltà occidentale è, pertanto, una presenza straordinaria proprio nel momento in cui se ne dichiara l’assenza documentata. La sua presenza ha permeato e permea non l’aspetto pubblico e politico, ma l’interiorità dell’uomo occidentale, perché ne è la radice nascosta: il suo rizoma interiore. 

La sede è l’inconscio e le sue manifestazioni – al pari dei sogni – forano ogni corazza protettiva e ogni barriera del sapere cosciente per far sentire la loro rilevante, antica, presenza. 

La “conservazione della matrice storica” così come la “riemergenza dei fattori germinali” si impongono per la loro evidenza, ma meno certa sembra essere la radice gnostica della civiltà occidentale sulla quale ha dominato il cristianesimo, da sempre irriducibile nemico della gnosi. Se è stato possibile che la civiltà occidentale abbia preso l’avvio dall’universo gnostico, allora tutta la cultura occidentale può considerarsi, in varia misura, una creazione gnostica e visto che il declino dell’Occidente è l’effetto del progressivo allontanamento dalla propria essenza, ne deriva che la responsabilità non può che essere dello gnosticismo.

Potrebbe essere, però, più aderente alla realtà, grazie all’eredità della cultura classica, riconoscere nello gnosticismo non la radice della civiltà occidentale bensì la causa maggiore della sua lenta degenerazione che è leggibile dalla produzione culturale in generale ed in particolare da quella filosofica. La presunta capacità liberatoria del “pensiero debole” – espressione che ha avuto un certo successo nel proporre un modello di atteggiamento globale per l’uomo attuale che, per effetto della modernità, non può più disporre della metafisica, cioè dell’idea che ci sia una struttura stabile dell’essere, un fondamento ultimo che la ragione coglie e su cui fonda la propria conoscenza oggettiva del mondo –, ha dimostrato tutta la sua relatività a seguito delle contestazioni che ha sollevato ma, d’altro canto, il modello del “pensiero forte” non ha avuto maggior successo non per inadeguatezza a costituire un’alternativa, ma perché insieme sono due aspetti di uno stesso problema che ha nome “pensiero”, la cui fragilità lo rende inadeguato a risolvere problemi complessi a causa dei condizionamenti che subisce da parte delle passioni.

Lo “strato” emotivo condiziona sempre e il primato dell’“uomo antico” sta proprio nel pensiero che deve essere soggiogato dal “fare”. Una indicazione in tal senso viene da Esodo 24,7: tutto ciò che il Signore ha detto noi faremo e udremo. Il valore di questa asserzione è fondamentale: il “fare” appare in una posizione preminente rispetto all’“udire” cioè al processo logico della comprensione che consente la relazione con il reale ed è totalmente impegnativa perché colui che la pronuncia si pone al cospetto della centralità spirituale. E questo non significa che un artigiano è meno gnostico di un filosofo, significa soltanto che entrambi – come chiunque altro –, devono imparare a sviluppare un “fare” sacro aiutandosi con i molteplici suggerimenti che la tradizione ci ha consegnato. 

La materia gnostica appare molto più complessa di quanto in effetti sia perché la gnosi è un sapere scomposto, disordinato, emotivo, a volte di massa e a volte elitario, che cambia aspetto nel corso del tempo ma che soprattutto, come già si è detto e come è bene ripetere, è un sapere parassita. Non avendo intelligenza propria e autonoma, tende a impossessarsi di ogni cosa per privarla della virtù intrinseca pur mantenendone intatte le sembianze. È una reazione alla disperazione del vivere, a volte calma e a volte violenta, è l’espressione distorta dell’inadeguatezza dell’intelletto come strumento per la conoscenza e, come si è detto, costituisce la “radice nascosta” dell’uomo occidentale. La teorizzazione e la prassi della santificazione del “peccato” ne sono la prova.

Neppure l’analisi psicologica si può occupare di questa radice, così nascosta e profonda perché, essendo un getto di quella stessa radice, non ha la capacità di studiare se stessa. Se tutto ciò è vero, la situazione può non essere completamente negativa – perché fornire un mezzo per contrastare la disperazione di vivere è sempre meglio dell’instabilità mentale –, ma accettarla non elimina il problema perché può avere esiti negativi: la frangia massimalista degli “gnostici” di cinquant’anni fa pensava di poter risolvere ogni problema con le armi ma era una reazione senza speranza perché, anche in quel caso, la violenza era un aspetto del problema, era un’equazione priva di soluzione.

Si è detto che è necessario lo sviluppo di un “fare” sacro ma non appena si rendono evidenti tutti gli ostacoli e tutti i pericoli che ne possono derivare, vien voglia di ritirare l’esortazione: la neo–gnosi[6] è il risultato della complessità originale e dell’irrazionalità moderna, gli esempi non mancano e se ne citerà uno soltanto: la Chiesa Gnostica. Nata da un messaggio ricevuto durante una seduta medianica, ha subito acquisito fedeli, luoghi di culto e prelati; questi ultimi, accortisi di avere una grave carenza, la successione apostolica, hanno prontamente risolto coinvolgendo uno degli “episcopi vagantes”, la cui consacrazione era ritenuta valida ma illegale dalla Chiesa Cattolica. Con poco più di un secolo di storia all’attivo, la funzione della Chiesa Gnostica sembra essere rimasta quella di chiesa di riferimento per un ridottissimo numero di esoteristi cristiani, desiderosi del conforto dei sacramenti che la grande Chiesa rifiutava.

Insomma, la gnosi, con la proiezione continua di ogni sorta di illusione, sta evidenziando i propri limiti e ci indica la via che consiste nel superamento di se stessa. 

Decisamente interessante come oggetto di studio, ha prodotto una bibliografia sconfinata dove spesso si trovano autori – il cui gnosticismo è sconosciuto a loro stessi –, che trattano di questa materia con grande sicurezza. La confusione che ne consegue può far nascere problemi di interpretazione e confondere intere generazioni. Ad esempio, G. Sholem ha pensato bene di far derivare la nascita della Qabalah, la tradizione mistica ebraica, dalla gnosi e da quel momento, data la sua indiscussa autorità, per tutti è stata e continua ad essere una verità assoluta, nonostante sia stata contestata con successo pochi anni dopo essere stata enunciata, nonostante il suo autore sia stato informato personalmente del suo errore e nonostante lo abbia formalmente accettato. 

Può verificarsi che la sovrapposizione, con fini di scienza, dell’osservatore con il soggetto osservato, non sia costante ma appaia qua e là nel testo rendendone ancor più difficile la comprensione. Considerare, ad esempio, come diteismo[7] – concezione tipica della gnosi –, la visione della Divinità nella Qabalah perché l’En Sof Or, איןסוףאור – cioè l’Infinito e Inconoscibile – e il Tetragramma vengono percepiti come due soggetti divini distinti, è un errore: se si afferma che il finito deriva ed è contenuto nell’infinito, non significa che si intende stabilire una relazione, seppur asimmetrica, tra i due perché la riflessione sul concetto di infinito, ammesso che sia possibile, comporta immediatamente l’abbandono di ogni regola logica, pena l’errata deduzione. 

Questa breve nota sul rapporto della Qabalah con la Gnosi ha lo scopo di evidenziare un fenomeno che appare elementare nella sua semplicità: un flusso sapienziale principale, quando diventa storico, entra in contatto con le forze che resistono ed ostacolano il suo passaggio e perde una parte della propria integrità, dando luogo all’aspetto gnostico di se stesso. Gli ostacoli nascono dalla contrapposizione del bene e del male e fin tanto che vi è contrapposizione vi è necessità di gnosi, cioè di conoscenza, per poter accedere alla salvezza; a volte questa condizione è sufficiente altre volte è necessario l’intervento di un redentore, affermano gli gnostici. 

La condanna è proprio questa: senza la reazione della negatività radicale non vi sarebbe vita spirituale al di fuori della circonferenza divina[8].

 

Un articolo di Paolo Mascetti
 

[1] Aldo Magris, La logica del pensiero gnostico, Morcelliana, 2011 
 

[2] J.–E. Ménard, U. Bianchi (éd.). Le origini dello gnosticismo, Revue de l'histoire des religions, tome 173, n°2, 1968
 

[3] Ménard, op. cit.
 

[4] Giacomo Maria Arrigo, Politiche rivoluzionarie e gnosticismo. Uno sguardo filosofico–politico, Tropos, Anno XI, 2018
 

[5] Claudio Bonvecchio, Echi della Gnosi, Mimesis, 2019
 

[6] M. Introvigne, Il ritorno dello gnosticismo, Sugarco, 1993
 

[7] G. Benelli, La Gnosi – Il volto oscuro della storia
 

[8] Trattato della reintegrazione degli esseri, §. 142.(Manoscritto Prunelle de Lière, Biblioteca Municipale di Grenoble)

 

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